
Luisa Carminati nasce a Brembio (Lodi) il 24 settembre 1927 in una famiglia contadina. Il padre Paolo Battista è casaro, la madre Erminia cura l’orto e si occupa delle tre figlie: Luisa, Franca (1929) e Giuseppina (1930).
Per gli studi superiori Luisa si trasferisce a Lodi, nel collegio dalle suore di Canossa e frequenta l’istituto statale magistrale Maffeo Vegio, distinguendosi in disegno e matematica e conseguendo il diploma che le consentirà di accedere all’insegnamento.
Il 15 maggio 1947, ancora diciannovenne, sposa l’agricoltore Giovanni Viganò e si trasferisce a San Giuliano Milanese a Cascina Carlotta; da questa unione nasceranno quattro figli di cui uno morto durante il parto. Oltre a seguire la crescita di Cornelia, Rinaldo ed Elisabetta e badare alla casa, Luisa è impegnata nella conduzione dell’azienda agricola, seguendo la contabilità, curando e allevando piccoli animali da cortile; aiuta nella fienagione e nella mungitura e collabora in parrocchia come catechista.
Per 25 anni la famiglia Viganò porta avanti l’attività agricola a Cascina Carlotta, coltivando i prati a marcita e allevando le bovine da latte, ma il 5 luglio 1972 il Consiglio comunale modifica il Piano Regolatore, rendendo edificabili alcuni terreni condotti da generazioni dalla famiglia Viganò. La conseguenza è l’avvio di un piano di lottizzazione che prevede l’edificazione di una ampia zona artigianale sugli immobili e i terreni della cascina.
Di fronte a questa minaccia Luisa non si rassegna. Si attiva con ogni sua risorsa, scrive lettere, rilascia interviste e riesce ad accendere un interesse pubblico sulla questione della difesa della terra, del lavoro agricolo e della cultura che custodisce.
Antesignana della difesa del suolo, avvia una ferma opposizione all’avanzata del cemento,esponendosi con grande determinazione: il 4 marzo 1980, mentre presidia una barricata di trattori volta ad impedire l’avanzata delle ruspe, Luisa è strattonata e ferita dai costruttori e viene ricoverata otto giorni all’ospedale di Melegnano. La sua intraprendenza darà avvio a un periodo di resistenza con accanto famiglia, associazioni, cittadini e porterà alla salvaguardia della cascina e di circa metà dei suoi campi, limitando una speculazione che avrebbe inesorabilmente cementificato l’area della Valle del Lambro e del Parco Agricolo Sud Milano lungo la direttrice della via Emilia. Questa esperienza serve a Luisa per comprendere con chiarezza il rischio di estinzione non solo della fertile terra, ma anche di tutta una cultura, di un modo di vivere e di relazionarsi, che in quella terra affonda le sue radici.
Ed è così che, nell’autunno del 1979, inizia a raccogliere, in un locale della cascina, gli oggetti caduti in disuso; è un lavoro paziente e meticoloso che prosegue per anni. Gli oggetti saranno da lei rimessi in ordine e poi organizzati per argomenti, dando forma ad una inestimabile racconto.
Saranno le ex abitazioni dei salariati agricoli, in 13 sale espositive, ad ospitare questo patrimonio (più di un migliaio di oggetti) diventando di lì a poco il “Museo della civiltà contadina” tanto a lungo apprezzato dalle scolaresche e da centinaia di visitatori.
Luisa, donna sensibile ed intelligente e maestra di formazione non si limita a raccogliere ea raccontare gli oggetti ma arricchisce questa raccolta con due elementi di grande importanza e valore: la stesura e la trascrizione di testimonianze del mondo contadino e la realizzazione di disegni che favorissero la comprensione di questo affascinante racconto.

I MANOSCRITTI
Nella prima raccolta di scritti dal titolo “Mondo contadino: lavori, usanze e tradizioni” Luisa ricostruisce, attraverso i racconti delle persone che la circondano, le pratiche della vita contadina: le modalità di coltivazione, i lavori rurali, la vita domestica, l’organizzazione delle cascine….
Nella seconda raccolta “Fiabe, poesie e filastrocche della bisnonna” Luisa trascrive le tante storie che la madre, Erminia Lazzari, raccontava magistralmente incantando i bambini.
Erminia era nata nel 1903 in una cascina del lodigiano, in una famiglia numerosa (erano nove fratelli più i molti fratelli di latte tenuti a balia da sua madre); da bambina aveva ascoltato questi racconti, provenienti dalla tradizione orale, dalla voce di un bracciante che solo e lontano da casa, la sera, prima di coricarsi nel fienile, intratteneva grandi e piccini in cambio di un piatto caldo.
Queste storie, che circolavano da ben prima della carta stampata, sono giunte a noi grazie a questo importante lavoro di trascrizione.
I QUADRI
Resasi conto che gli oggetti erano di difficile comprensione per chi non aveva vissuto in campagna e per i tanti bambini che visitavano il Museo, Luisa elabora una narrazione per immagini e realizza 150 disegni colorati a pastello attraverso i quali mostra, con dovizia di particolari, i lavori nei campi, i mestieri, i momenti di vita familiare, le tradizioni, le architetture, i giochi…I quadri diventano parte integrante del suo museo rendendolo unico nel suo genere.
Dal 1979, infaticabile e appassionata, fino a quando la salute glielo permette, continua a occuparsi del suo Museo che arricchisce via via di oggetti e quadri e alimenta di racconti.
